Le sfide che attendono le PMI famigliari – seconda parte

Nella prima parte di questo articolo abbiamo chiarito che la famiglia imprenditoriale deve avere il coraggio di dedicarsi all’ozio, quell’ozio che per gli antichi Romani era tempo prezioso da dedicare ad attività nobili quanto quelle che si sostituivano.

Cicerone scriveva a Cassio Longino: “tu dici che, quando sei ozioso, leggi delle orazioni: allora sappi che io, quando sono in ozio, le orazioni le scrivo”.

Quindi la famiglia dedita ad amministrare l’azienda dovrebbe al pari scrivere la propria storia futura, la propria strategia.

Innovare per stare al passo con il cambiamento

A quanto già descritto nella prima parte aggiungiamo il concetto di innovazione. Iniziamo con il precisare che ci sono tanti tipi di innovazione:

  • si può innovare comprando o realizzando nuova tecnologia;
  • rinnovando il modo di relazionarsi con i clienti;
  • innovare il modo di leggere gli “insight”[1] del mercato;
  • innovare il modo di produrre, ma non modificando gli impianti esistenti;
  • innovare il prodotto arricchendolo di servizi.

Va da sé che l’incessante progresso tecnologico genera continui rischi per tutte le aziende e per i settori di appartenenza, perché modifica i modelli di business creandone altri e addirittura vengono creati bisogni nuovi e nuovi modi di soddisfarli.

Dove stanno le opportunità? Quali sono i trend da seguire per non rimanere al palo? Come selezionare le strade giuste da percorrere in mezzo ad un bombardamento continuo di dati ed informazioni?

Facciamo un esempio. L’industria 4.0 va verso una sempre più massiccia robotizzazione ed un’automazione spinta, che impongono non più la presenza di “semplici” operai, ma la necessità di tecnici. Vi invito a leggere l’intervista del presidente di Confindustria LombardiaMarco Bonometti, apparsa sul Giornale di Brescia in data 17 aprile 2021, di cui riporto solo alcuni brani:

“Quattro aziende su dieci non riescono a trovare le competenze che cercano e serve anche formare persone

“In Lombardia sono presenti venti Its con circa 3.200 studenti: se ci confrontiamo con altri Paesi d’Europa siamo indietro anni luce”.

“La formazione professionale non dev’essere considerata un rimedio alternativo”.

“Creare un’alleanza tra le competenze all’interno delle filiere formative”.

“e l’altro aspetto fondamentale è che abbiamo bisogno di una programmazione pluriennale”.

Le parole chiave che balzano agli occhi sono:

  • rilevare il fabbisogno, il trend, l’opportunità (mancano competenze, ma se le creo il sistema cresce);
  • la programmazione pluriennale come leva strategica (sapere cosa si vuol fare);
  • la formazione come vantaggio competitivo (sapere cosa fa la differenza);
  • le alleanze come canale attraverso cui creare una rete trasversale alla Pubblica Amministrazione ed al sistema produttivo, una rete in cui la ricchezza si trasferisce in entrambi i sensi.

Ma se non leggiamo questo cambiamento, questo trend, se non lo valutiamo correttamente, iniziando per tempo il processo di conversione della manodopera tramite la formazione, tra qualche anno la nostra manifattura non sarà più in grado di competere, nonostante abbia sempre realizzato un prodotto di qualità eccellente.

Cambiamo campo. Pensate agli odontotecnici. Secondo voi potranno essere sostituiti da una stampante 3D il cui software è programmato da un tecnico e produce protesi h 24? Chissà quanto in là si spingerà la fiducia dell’uomo nelle macchine.

L’Internazionalizzazione

L’ultima sfida che tratterò in questo articolo riguarda il contesto competitivo. Oramai le imprese sono, o possono essere se lo vogliono, fortemente globalizzate. Pensate a piccole botteghe di gastronomia che possono esportare, grazie  al minor costo dei trasporti ed all’efficienza della logistica, un prodotto alimentare di breve durata ai quattro angoli del mondo. O alla diversa origine delle componenti di macchinari, elettrodomestici o di autoveicoli. Volenti o nolenti, siamo tutti coinvolti nella globalizzazione.

Quindi competere internazionalmente obbliga la PMI famigliare a dotarsi delle “strutture organizzative” adeguate e della cultura necessaria, ma è più difficile farlo se non si apre il proprio capitale a terzi, dotandosi di nuove risorse finanziarie, ampliandole rispetto a quelle limitate della famiglia. Ed è ancora più difficile se non si accolgono in azienda figure dotate di competenze specializzate e di una lunga comprovata esperienza.

Queste sono le sfide principali che aspettano le PMI famigliari italiane e sono prima di tutto sfide che riguardano il mind-set, l’atteggiamento.

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1 Tendenze, gusti dei consumatori, orientamenti delle aziende.